La vicenda Nicosia è una vicenda che fa male. Fa male ai familiari delle vittime della mafia che hanno ascoltato parole ripugnanti sui loro familiari, fa male al Parlamento che si vede così facilmente infiltrabile da oscuri personaggi legati alla criminalità organizzata e fa male a quanti credono nello Stato di diritto e praticano il garantismo. Quanto faccia male a questi ultimi e in particolare ai radicali – considerati giustamente i portabandiera di queste battaglie – lo dimostrano gli ululati a mezzo stampa di manettari e giacobini che non hanno esitato a gettare fango e ad agitare le loro forche.
Credo che ai radicali, e in generale a tutto il mondo dei garantisti e di chi lotta per una giustizia giusta non basti prendere le distanze, condannare fermamente e dire se Nicosia era o meno iscritto ai radicali: quando l’empietà macchia un’idea, un credo nobile è necessario un percorso di purificazione e soprattutto è obbligatorio alzare la guardia per evitare le insidie sempre in agguato degli imbroglioni, degli sciacalli e dei collusi. Giustamente Merlo su Repubblica ricorda che i magistrati malandrini come Silvana Saguto non hanno distrutto la magistratura né gli anti pizzo come Roberto Helg hanno danneggiato chi lotta contro il pizzo e che quindi nemmeno l’oscuro Nicosia metterà fine alla grande tradizione garantista italiana. Verissimo, a patto però che questo mondo generi degli anticorpi contro gli approfittatori e che si impegni a scegliere solo fanti animati da buone intenzioni e non mercenari con altri scopi. Uno sforzo in più in questo senso dovrebbero farlo gli amici radicali che, spesso vittime del loro steso sensazionalismo, hanno adottato per le loro lotte portabandiera non sempre adatti o per lo meno discutibili e poco credibili. Non si tratta di fare le analisi del sangue ma di consegnare un tesoro valoriale in buone mani, a personaggi che siano realmente testimoni di una lotta per une giustizia più giusta. La sfida per questo mondo è tornare al livello di Enzo Tortora.