L’ennesimo, atroce, odioso femminicidio inorridisce.
Una storia terribile che porta con sé il consueto codazzo di post sui social in un Paese ipnotizzato dai pifferai magici del populismo penale. Ne ho letti decine e decine. Servono pene più severe, sbatteteli in galera e non fateli uscire più, etc etc
Ma, perché, cari amici, qualcuno di voi pensa che a un tizio che ha ammazzato la compagna incinta di sette mesi pianificando il delitto qualche giudice infliggerà pene non severe? Qualcuno di voi pensa che se la caverà con un buffetto e qualche anno di prigione? Ma davvero non sapete che le pene severe esistono già e per reati come questo si applicano eccome? Siete davvero così intontiti da trent’anni di mantra ripetuto in tv dai soloni arruffapopolo del Potere della manetta da ignorare una cosa così ovvia?
No, amici miei, non c’entra niente quello di cui parlate. Un assassino che commette quei reati non si ferma spostando di qualche anno in avanti la possibilità di uscire una mezza giornata dal carcere tra venticinque anni.
Quei reati si fermano in un altro modo. Si fermano con la prevenzione. Con la cultura, con la formazione, insegnando ai maschi, ai propri figli, ai propri scolari, ai propri ragazzi, come ci si comporta con le donne. E anche con le norme, certo, ma che lavorino sulla prevenzione, prima che i buoi siano scappati dal recinto. Ma tutto questo costa molta molta più fatica rispetto al cavarsela con un “inaspriamo le pene”, che a nulla serve, e a nulla mai servirà.