Dopo la normale ubriacatura mediatica delle primissime settimane, con corredo di folklore su poster del Padrino, letture dotte e pilloline, dopo la telenovela mafioso-sentimentale di amanti e fidanzate, l’indagine sulla latitanza di Matteo Messina Denaro sta entrando in una fase ben più interessante. Gli inquirenti stanno scavando negli anni passati e avrebbero scoperto che prima della lunga stagione da viveur a uno sputo da casa sua, U Siccu si sarebbe nascosto in Calabria con la complicità della ‘ndrangheta. Tanto hanno riportato in settimana diversi articoli di stampa. Qui sul Corriere, Laura Sirignano traccia lo scenario di una latitanza più simile a quella pane e cicoria di Binu Provenzano, rispetto alle serate brave e alle mangiate di pesce degli ultimi anni con base a Campobello di Mazara.
Si tratta di spunti investigativi di sicuro interesse, che potrebbero permettere di consolidare il livello di conoscenza degli investigatori sui legami ancora vivi tra le diverse mafie. Buone notizie, insomma, che affiorano con la giusta parsimonia, per sperare che i livelli di protezione del superlatitante vengano individuati e colpiti dallo Stato, andando oltre la pittoresca (ma efficace) Spectre campobellese fatta di pizzini, sorelle e carte d’identità prestate. L’ottimo lavoro svolto nell’ultima fase dalla Dda di Palermo e dai carabinieri, quello che ha portato alla cattura, fa sperare in sviluppi concreti. L’auspicio è che si possano scoprire anche eventuali coperture offerte da ambienti dello Stato, se ve ne furono, nella latitanza del boss.