“Non può certo nascondersi che le investigazioni conseguite a tale arresto (di Messina Denaro, ndr) destano sempre più sconcerto perché mettono in luce l’incredibile ed inspiegabile insuccesso di anni ed anni di ricerche in quella ristretta cerchia territoriale compresa tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, costantemente setacciata e controllata con i più sofisticati sistemi di intercettazioni e di videosorveglianza di tutti i luoghi strategici che, tuttavia, come oggi si è scoperto, non hanno impedito che il più ricercato latitante del mondo potesse condurre, in quegli stessi luoghi e per molti anni, una normale esistenza senza neppure nascondersi troppo, ma anzi palesando a tutti il suo viso riconoscibile, almeno per i tantissimi che lo avevano conosciuto personalmente”.
Lo scrive il gip di Palermo Alfredo Montalto nell’ordinanza di arresto di Laura Bonafede, la maestra che aveva dei legami con Matteo Messina Denaro.
Sono parole forti e che rispecchiano, credo, il comune sentire. Sì, perché dopo la soddisfazione per l’arresto del boss (bravi, ottimo lavoro), che ha posto fine a una vergogna di Stato, ora il quadro si fa un po’ inquietante.
Perché delle due l’una.
O davvero il più grande ricercato d’Europa, il più pericoloso supercriminale arcinemico dell’Italia, ha potuto campare bel bello per cinque, sette, forse dieci anni, praticamente a casa sua, tra il suo paese e il paesello a otto chilometri di distanza, “senza neppure nascondersi troppo” (cit.), protetto da questa diabolica e impenetrabile Spectre composta da sua sorella (!), un paesano che gli prestava la carta d’identità e una maestrina innamorata, e allora siamo messi davvero male (come si legge chiaramente nel sottotesto delle parole di Montalto);
oppure la diabolica Spectre che gli ha permesso tutto questo si annida a livelli ben più alti e ben più celati di cui però non si intravede nemmeno traccia e che se esistono possono ragionevolmente sperare (per il lungo tempo trascorso) di farla franca – e se esistono, speriamo che questo non accada – per l’eternità, e allora siamo messi pure peggio.