Ai magistrati la riforma della Giustizia in discussione in Parlamento non piace.
Le leggi le fa il Parlamento, la magistratura le applica. Ma spesso le commenta anche, le valuta, le boccia, le contesta. Soprattutto se il Parlamento non legifera nella direzione dei desiderata delle correnti dell’Anm. Come in questo caso.
Si parla di già di possibile sciopero. E di toghe sul piede di guerra.
Riforma della Giustizia: le critiche dei magistrati
Tra l’altro si teme che si possa addivenire a un magistrato «pavido e burocrate e una giustizia di tipo difensivo, che pregiudicherà la tutela dei diritti dei cittadini», parole di Mariarosaria Savaglio, segretaria nazionale di Unicost.
Tra le tante voci critiche quella, sempre mediaticamente di grande impatto, di Nino Di Matteo, membro del Csm già assai critico verso il sistema delle correnti. Che la mette così, parlando di “pericolosa voglia di rivalsa nei confronti della magistratura. Il segnale di un vero e proprio regolamento di conti”.
Insomma, il no alla riforma tra le toghe che si fanno sentire non è solo questione di correnti.
Riforma della Giustzia, i dubbi dei garantisti
Ma la riforma che mette i brividi alle toghe, pronte a legittimamente protestare per spiegare al Parlamento come si deve e non si deve legiferare, suscita perplessità di segno inverso anche ai garantisti.
Interessanti le domande poste in un articolo da Benedetta Frucci, sul Tempo. Qui il link all’articolo pubblicato da lei stessa su Twitter.
La riforma, in sintesi, indebolisce o paradossalmente rafforza il sistema di potere delle correnti?
Dal canto suo, Enrico Costa, un po’ bersagliato dalla stampa custode dell’ortodossia del Giustizialismo, ribatte alle critiche renziane (più o meno quelle sollevate dall’articolo di Frucci) con un argomento a contrario: l’ira funesta delle correnti della magistratura organizzata, sostiene, è una prova che il loro potere verrebbe scalfito dalla riforma.
Riforma della Giustizia, la delusione degli avvocati
Delusi gli avvocati. Qui l’intervista a Gian Domenco Caiazza sul Riformista. Tranchant il suo passaggio sul Pd.
In questo Parlamento c’è una maggioranza relativa molto sensibile alle esigenze corporative della magistratura. La reazione del Pd sulle valutazioni di professionalità lo dimostra e significa scimmiottare le parole di Caselli.
Sullo stesso giornale, Piero Sansonetti commenta la faccenda a suo modo, in questo editoriale.
Come si esce da questa impasse? Certo non se ne esce con questo Parlamento. E il governo di coalizione può fare poco. Restano i referendum. Sono l’unico strumento che il partito delle Procure non controlla ( è impossibile spiccare un mandato di cattura contro i referendum…).
Già perché intanto tra due mesi esatti si vota per i referendum sulla Giustizia. Ma non se ne parla un granché in giro.