E quindi dovremmo prima o poi capirci in qualche modo. Perché quello che c’è scritto nelle motivazioni della sentenza di assoluzione di Calogero Mannino è per molti versi il contrario della teoria che ha portato alla condanna di Mori in primo grado. Lo spiega bene il mio amico Riccardo Lo Verso qui.
E in particolare, scrive Lo Verso: “Per i giudici di appello, che hanno confermato l’assoluzione dell’ex ministro democristiano, al contrario Mannino ha rischiato di essere ammazzato per il suo impegno antimafia”.
Il passaggio in questione nelle motivazioni è questo: “in tale contesto, poi, non è stato affatto dimostrato che il Mannino fosse finito anch’egli nel mirino della mafia a causa di sue presunte ed indimostrate promesse non mantenute (addirittura, quella del buon esito del primo maxi processo) ma, anzi, al contrario, è piuttosto emerso che costui fosse una vittima designata della mafia, proprio a causa della sua specifica azione di contrasto a Cosa Nostra quale esponente del governo del 1991, in cui era rientrato dal mese di febbraio di quello stesso anno”.
Forse, l’operazione di riscrittura della storia va riscritta essa stessa.